Giuseppe Capitano
Campobasso, 1974
|
 |
Spiga, 2006
cotone e canapa, cm 100 x 100 x 100
Acquisizione da G. Capitano, Roma
|
 |
Nato a Campobasso nel 1974, Giuseppe Capitano vive e lavora a Roma. Si laurea in Ingegneria elettronica ma una serie di eventi lo portano a vivere la passione per l’arte, inventando, in un percorso solitario, un proprio linguaggio che lo ha reso uno dei più significativi artisti contemporanei italiani.
Espone per la prima volta con una sua personale nel 2004, a cura di Fabio Sargentini, nella Galleria l'Attico, fulcro dell'arte contemporanea a Roma. In seguito è al Mart il Museo d'Arte Contemporanea di Trento e Rovereto nel 2008, con la personale dal titolo ''Giuseppe Capitano. Qualcosa di giallo'' a cura di Martina Cavallarin. Alle numerose mostre personali e collettive, si aggiunge la sua partecipazione al “Periplo della scultura italiana contemporanea 3” nelle Chiese rupestri di Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci e al MUSMA in occasione della 27^ edizioni de “Le Grandi Mostre nei Sassi” di Matera. A conclusione del Periplo, è presente al MUSMA dal 18 novembre 2012 all’ 11 gennaio 2013 nella mostra "Artisti in residenza: Giuseppe Capitano e Emmanuele De Ruvo" .
|
Con una
sensibilità artistica vicina a un universo poetico che allude spesso a
un mondo arcaico ma al contempo fortemente contemporaneo, Capitano
sceglie la canapa, da sola o abbinata a marmo, ferro, travertino, come
materiale privilegiato e ne fa registro del suo codice stilistico.
Duttile e plasmabile, la canapa è particolarmente confacente all’artista
campano che, con un proprio mondo e una manualità atta ad esprimerlo,
realizza sculture morbide, leggere, dalla forte valenza simbolica,
espressione di un mondo dispero e dimenticato, nell’intento di
comunicare qualcosa agli altri e anche ricevere, in uno scambio di
emozioni. L’artista non si pone mai nella posizioni di colui che ha
capito qualcosa e la rivela agli altri, dubita anzi in continuazione il
senso stesso del lavoro realizzato, nella costante e inqueta ricerca di
miglioramento.
Sulla nascita delle sue opere dichiara: “Penso a un oggetto e inizio a
disegnarlo su dei quaderni. Non so perché penso proprio a quell’oggetto,
è una prima idea che arriva involontaria, ma a quel punto cerco di
capire cosa è questo oggetto (…). Tuttavia non si tratta di un percorso
metodico, non sempre arriva prima il disegno e poi la scultura. Il
disegno lo utilizzo molto perché è un sistema veloce per fissare l’idea,
anche perché io tendo a pensare velocemente e poi altrettanto
velocemente dimentico. Quando ritengo che una forma sia importante,
utilizzo il disegno per fermarla. A questo punto realizzo anche due, tre
versioni di questi oggetti e cerco di capire se possono essere
interessanti, se funzionano, se comunicano qualcosa. Mi sforzo di
evadere la noia della rappresentazione in maniera visionaria, a volte
intimista, a volte ironica. Ogni lavoro è diverso, sia da quello
emotivo. L’unico stacco è il tentativo di comprendere quando un lavoro è
forte e quando invece non lo è. Quando lo è, mi rendo conto che dice di
più o dice meglio di tutto ciò che avevi pensato. Il mio lavoro nasce
da un bisogno, è come la fame. Ogni volta che lavoro, lo faccio spinto
da un bisogno diverso, perché magari in quel momento sento di dover
realizzare qualcosa, ho un’idea che devo esprimere con urgenza. Insomma,
non c’è un inizio, c’è solo un bisogno. L’inizio è quello che ti dà la
tua memoria, quello che tu ricordi” (Tratto da “Conversazioni con l’artista” di
Margherita de Pilati, in Giuseppe Capitano. Qualcosa di giallo,
Skira, Milano 2008).
|
|
|
Contributi video:
|
|
|
|
< Artisti e Opere
|
|
|
|
|