SALA 1 |
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La
scultura italiana del XX secolo è senza dubbio tra le più alte
espressioni della creatività nazionale. A volerne restituire l’immagine
complessiva si ha un’impressione nettissima di vitalità, di possibilità
linguistiche, di potere comunicativo che ha sconfessato quanti la
vedevano “morta” o destinata ad una decadenza inarrestabile.
Le conseguenze delle guerre e i relativi gravissimi problemi
socio-politici non hanno impedito ai nostri artisti di far parte di quei
fondamentali movimenti radicali che, in Europa come in America,
mettevano in discussione i valori consolidati della tradizione. |
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La grande influenza di personalità come Umberto Boccioni, Giacomo
Balla, Arturo Martini ha, anzi, dato all’Italia un ruolo di primo piano
in questo contesto di internazionale rinnovamento.
L’arte si svincola dai moduli e dagli schemi del monumentalismo di
fine ottocento (la celebrazione dei miti risorgimentali, la
commemorazione dei caduti in guerra), emancipandosi da un ruolo di puro
decoro e dalla moda dell’arredo urbano.
Gli artisti cercano forme
espressive nuove, finalmente al di fuori del linguaggio antropomorfico
che aveva per decenni contraddistinto il percorso dei loro predecessori.
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La storia della scultura contemporanea è anche la storia dello spirito e
delle aspirazioni dell’Italia moderna.
Questo
piccolo discorso introduttivo era necessario nel momento in cui,
attraverso le scale o per mezzo dell’ascensore, dal primo cortile o
dall’Ipogeo II, inizia la visita alle sale che ci consentono di
ricostruire in maniera esaustiva l’avventura dell’arte plastica del
‘900.
Si parte dalla fine dell’Ottocento con la scultura di Medardo Rosso (Torino 1858 - Milano 1928), fluida nella sua rapidità di visione (Il birichino, 1883), per passare ai tre gessi di Duilio Cambellotti (Roma 1876 - 1960), tra i quali il Vaso equites del 1925, e alla terracotta di
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Libero Andreotti (Pescia, PT, 1875 - Firenze 1933) che tracciano i sentieri per giungere ad Arturo Martini
(Treviso 1889 - Milano 1947), punto nodale, dopo Boccioni, della
ricerca espressiva del secolo appena trascorso e punto di riferimento di
tutti gli scultori che verranno dopo di lui. Gesù schernito dai Giudei, 1926, formella in terracotta per una via Crucis, e Figure,
un inchiostro del 1937, corrispondono perfettamente alle esigenze
della sua fantasia e alla costante necessità di rinnovamento.
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Tra gli uni e gli altri, il Ritratto di Maddalena De Luca, di Aurelio De Felice
(Torre Orsina, TR, 1915 - 1996), memoria di un illustre personaggio
lucano qual è stato don Giuseppe De Luca (la scultura rappresenta la
sorella), compagno di strada degli artisti, primo fra tutti Giacomo
Manzù che gli dedicò la Porta della morte in San Pietro; la Massaia rurale (Ciociara), datata 1938, dell’allievo di Andreotti, Lelio Gelli (Firenze 1920 - Napoli 1975); la Testa di donna (1928-1929) di Franco Gentilini
(Faenza, RA, 1909 - Roma 1981), una delle prime fra le tante
testimonianze plastiche di pittori che hanno sentito l’esigenza di
accostarsi alla scultura (e che il MUSMA raccoglie con interesse), ad
ulteriore conferma dell’importanza che tale forma d’arte riveste nelle
conquiste espressive del ‘900.
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