IPOGEO 1
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Entrando nel primo ipogeo si riesce ad avere una piccola idea di quella che è stata la fortuna de “Le Grandi Mostre nei Sassi” in Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci: la coniugazione dell’opera d’arte di qualità con l’ambiente rupestre. In quella che era la stalla della famiglia Pomarici, la donazione delle sculture degli artisti della Scuola di New York ha dato la possibilità di innescare il dialogo tra il movimento surrealista ed espressionista astratto della scultura americana e quello informale e concettuale della scultura italiana.
Negli anni del dopoguerra New York assume un ruolo cardine in campo artistico.
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Durante
il periodo bellico molti artisti europei erano stati costretti a
fuggire oltreoceano entrando, quindi, a diretto contatto con i
contemporanei statunitensi. New York diventa il nuovo punto di
riferimento delle avanguardie prendendo, di conseguenza, il posto fino
ad allora assegnato a Parigi. L’arte americana si saprà poi rendere
indipendente dalla tradizione artistica europea trasformandosi in vero e
proprio modello culturale.
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Possiamo rivivere questa stimolante atmosfera creativa attraverso le opere di Ibram Lassaw
(Alessandria d’Egitto, ET, - 1913 - East Hampton, USA, 2003) i cui
labirinti tridimensionali, realizzati inseguendo l’urgenza creativa di
un’ispirazione immediata, sono riconosciuti come il corrispettivo
plastico delle opere pittoriche degli espressionisti astratti, Pollock
in primis; di David Hare (New York, USA, 1917 - Jackson Hone, USA, 1992)
ispirato dalla dottrina surrealista di André Breton ma anche dalla
cultura degli indiani d’America da cui deriva la sua ricerca di
un’intima armonia con la natura; di Philip Pavia (Bridgeport,
USA, 1912 - New York, USA, 2005)
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fondamentale animatore della vita
culturale newyorkese. Nelle sue opere il gesto prende il sopravvento
sull’elemento figurativo: i volumi, la luce riflessa, le forme
compresse, i bordi e i piani intersecati trasmettono un continuo senso
di movimento che danno vita ad un flusso ininterrotto di energia, come
ben si vede nel Monumento di Matera, davanti Madonna delle Virtù; di Reuben Kadish
(Chicago, USA ,1913 - New York, USA, 1992), artista influenzato dalla
cultura orientale e dagli studi di antropologia e zoologia, autore di
sculture di grezza bellezza che sembrano essere trascinate a forza fuori
dalla terra; di Reuben Nakian (College Point, USA, 1897 -
Stamford, USA, 1986) che, partendo dagli insegnamenti dell’arte
classica, realizza opere di intrigante sensualità ispirate alle leggende
mitologiche; di James Rosati (Washington, USA, 1911 - New York,
USA, 1988) che con i suoi sguardi alla cultura europea, raggiunge la
perfetta misura compositiva propria dei nostri scultori.
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Tra questi maestri della prima generazione si inseriscono perfettamente l’essenzialità e l’equilibrio delle opere di Brian O’Doherty (County Roscommon, IRL, 1928), di Joel Fischer (Salem, USA, 1947) e dei giovanissimi Faren Ziello (Long Island, USA, 1986), Emily Collins (New York, USA, 1986), Alex Auriema (Brooklyn, USA, 1984) e Sean Fabi (Roma 1987) che con la loro opera What’s ours in mine (Ciò che è nostro è mio),
realizzata nel 2009 durante la V Giornata del Contemporaneo, hanno
alzato una montagna d’oro che si estende verso il soffitto, quindi
visibile solo dall’alto. |
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Come testimonianza e simbolo di valore, ma allo
stesso tempo di perdita, guadagno e dimensione della ricchezza è stato
scelto l’oro, oggetto di particolare attenzione a causa delle recenti
vicende legate all’inflazione, alla crisi del dollaro e ai rischi
connessi all’instabilità del mercato mondiale.
Stimolante
e suggestivo risulta il confronto tra l’astrattismo americano e quello
italiano. Segno, gesto, materia, simbolo si fondono nella volontà di
esprimere, attraverso le forme, intensità di stati d’animo.
Ecco, dunque, le figure ricche di dinamismo di Nino Franchina (Palmanova, UD, 1912 - Roma 1987), |
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alternate alla prodigiosa capacità di domare il metallo di Simon Benetton (Treviso 1933), la scabra essenzialità di Lorenzo Guerrini
(Milano 1914 - Roma 2002), la perfezione astratta dei soggetti
naturalistici di Quinto Ghermandi (Crevalcore, BO, 1916 - Bologna 1994),
l’equilibrio tra movimento e stabilità delle composizioni di Carlo Ramous (Milano 1926 - 2003), la Colonna Paesaggio. Matrice incompiuta di Francesco Somaini (Lomazzo, CO, 1926 - Como, 2005), le strutture geometriche di Nicola Carrino (Taranto 1932), improntate a un rigoroso minimalismo, le ricerche concettuali di Emilio Isgrò (Barcellona Pozzo di Gotto, ME, 1937) con il suo Calcio di rigore del 1993.
Sulla parete di fondo dell’ipogeo ritroviamo, infine, il vivo senso della modellazione plastica di Carlo Lorenzetti. Nubelunga,
un alluminio sbalzato e grafitato del 1985-1986, sintetizza il concetto
di “nuvola” con un severo e spoglio rigore formale sottratto a ogni
appiglio realistico. |
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