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SFOGLIAMO INSIEME
I LIBRI DI MARIA LAI
“Sono felice di farvi tenere per mano il
sole e farvi gustare il desiderio di cielo, in un momento di incertezza
globale, ma che il sole e il cielo possano farci prima capire e poi superare.
Per vivere più sereni”, scriveva Maria Lai a proposito della fiaba cucita Tenendo per mano il sole.
CS_Sfogliamo insieme i libri di Maria Lai
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Ad un anno di distanza dalla scomparsa di Maria Lai, e in concomitanza con la mostra esposta al MUSMA, un'intera giornata per "tenere per mano" i prezioni libri cuciti e leggere le favole composte da collages di stoffa e ricami a macchina.
16 aprile 2014
ore 10 -14 / 16-20
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Per Maria Lai l’opera d’arte è strettamente legata a
chi la guarda, il ruolo dell’artista è di “essere un realista che usa i suoi
sogni per costruire forme concrete” e per comunicare in un linguaggio
universale, aperto a tutti. È così che nascono i libri cuciti, l’ago della
macchina da cucire disegna sulla stoffa scritture immaginarie, ricama velluto e
cotone a comporre narrazioni colorate per tentare di spiegare l’arte e il
mondo. In una delle tante mostre dedicate ai suoi libri, Maria Lai li appoggiò
insieme su un tavolo sotto vetro, senza data e nome dell’autore, chiamandoli
tutti Babele, come la torre, per dare
l’idea di una grande opera collettiva, che andasse oltre la vita dell’artista.
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Quando si sfogliano il Libro scalpo, il Libro delle Formiche rosse e il Libro
di Maria Pietra, i fili ingarbugliano le pagine e le pagine non si aprono
mai del tutto, ma pare che racchiudano segreti, tanto che i fili che da esse
escono pare vogliano suggerire di proseguire la narrazione, di continuare a
rammendare l’ansia d’infinito dell’uomo.
Toccare le stoffe delle opere di Maria Lai significa entrare in contatto
con il tempo del lavoro necessario a costruire la bellezza che li forma, il
tempo della sapienza e della cura artigiana unite all’estro dell’artista che
disegna la realtà per darle un ordine e per mostrare, attraverso fili che scorrono
in spartiti dalle tante letture possibili, quanto la comunicazione possa essere
fragile.
Fin
dagli anni ‘40, il filo ha attraversato il lavoro di Maria Lai che si sentiva
come “un insetto piccolo piccolo, gran
cacciatore di nulla che vuol legare con filo gli spazi vuoti di quel nulla per
tessere immagini ideali di mondi invisibili”, ricucire gli spazi e gli
abissi di incomunicabilità dell’uomo contemporaneo, il filo del dialogo e della
memoria, del passaggio dall’oralità alla scrittura.
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