Augustin Cárdenas
Matanzas (CU) 1927 – Havana (CU) 2001
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Le dialogue, 1984
bronzo, cm 36 x 27 x 22
Donazione Famiglia Cárdenas, Parigi, FR
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Agustin Cárdenas nasce a Cuba, nella città di Matanzas, il 10 Aprile 1927. Presto il padre si trasferisce a La Havana, dove lavora come sarto ambulante insieme al figlio apprendista, conducendo una vita da nomade in mezzo a gruppi di operai per la raccolta della canna da zucchero. Il duro lavoro del padre e l’incondizionato sostegno della madre, permettono ad Agustin di iscriversi all’Accademia di Belle Arti San Alenjandro di La Havana e di frequentarne i corsi dal 1943 al 1949 con ottimo profitto; Cárdenas diviene ben presto aiutante del suo professore di scultura Sicre, già allievo di Bourdelle.
Nel 1955, Cárdenas arriva in Francia. Si stabilisce a Parigi, a Montparnasse dove incontra André Breton, che nel 1956 lo invita a partecipare a una mostra collettiva presso l’Etoile Scellée, galleria surrealista.
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partire dal 1968 vive e lavora stabilmente a Meudon-Bellevue e nel suo
atelier a Nogent sur Marne. I suoi cinque figli nascono in Francia. Nel
periodo tra il 1956 e il 1997 Cárdenas partecipa a un centinaio di
mostre collettive e lavora ad una trentina di mostre personali. Lo
scultore ha lavorato in Canada, Austria, Giappone, Israele, Corea e
soprattutto in Italia, a Carrara, dove sono state realizzate le sculture
in marmo e a Pietrasanta, dove sono state fuse le sculture in bronzo.
Cárdenas è stato promosso Cavaliere delle Arti e delle Lettere dallo
Stato Francese e ha ricevuto il premio Bill e Norma Copley. Dal 1994,
sino alla morte, è vissuto a L'Avana.
“Cárdenas è probabilmente il solo grande artista del nostro tempo che
ha voluto essere contemporaneamente americano, europeo e africano. Egli
ha concretamente solcato, identificandovi una parte del proprio
immaginario, i tre grandi luoghi dell’arte occidentale del secolo,
luoghi concreti e già luoghi comuni culturali: l’America senza passato,
l’Europa soverchiata dal proprio passato, l’Africa dal passato mitico,
tautologia di ciò che l’Occidente intende per ‘originario’. E
soprattutto li ha inchiodati metabolizzati e come disciolti in una
scultura di sovrano equilibrio, di tesa tranquillità, che contraddice
ogni luogo comune e rimette in gioco ogni certezza culturale, tipologica
e naturalmente etnica”. (Enrico Mascelloni)
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