CORTILE 1
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Come per il portone, anche per gli ingressi agli ipogei è stato chiesto l’intervento di un artista. La progettazione dei cancelli è stata quindi affidata alla creatività di Pasquale Santoro, scultore di origine lucana (nato a Ferrandina, MT, nel 1933, vive a Roma da molti anni) che li ha realizzati con la collaborazione di esperte maestranze locali. I cancelli-scultura sono dedicati alla figlia scomparsa, Sarah, e a due punti di riferimento del proprio lavoro: Giacomo Balla e Antonello da Messina. Sempre di Santoro, sul muro a sinistra, possiamo ammirare Tramonto a Metaponto. L’opera, eseguita nel 1986, mediante sottili piastre di metallo slanciate nello spazio, mantiene intatta la classicità tutta mediterranea del fregio frontale e del bassorilievo stagliato in controluce sulla parete di tufo. |
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Si è voluto riservare questa prima area espositiva del museo agli artisti di provenienza lucana e pugliese ed ecco, allora, la presenza della Biforma di Aldo Calò (San Cesario di Lecce 1910 - Roma 1983), scultore salentino per anni direttore dell’Istituto d’Arte di Roma e dell’Istituto Internazionale del Design. La cultura d’origine - architetture e decorazioni del barocco salentino - viene coniugata da Calò con la pienezza dei volumi cari a Martini e Marino e messa a confronto con il rapporto tra forme e spazio, tipico di Brancusi e Arp, di Zadkine e Moore. Come afferma lo stesso Calò, le “Biforme” sono costituite da tre elementi: uno statico, determinato dal marmo, dalla pietra o dal legno, ecc.; uno dinamico, sia nella forma che nella materia (ferro, bronzo, cristallo); l’altro, infine, realizzato con l’ausilio dei raggi del sole. Una volta collocata l’opera in uno spazio naturale, a seconda dell’inclinazione e dell’intensità dei raggi del sole, si ottengono visioni e forme diverse. Altre opere di Calò sono nel terzo cortile e nell’Ipogeo VI. |
Sotto la scala che porta al piano superiore, il Cane fossile di Rocco Falciano
(Potenza 1933 - Roma 2012), un peperino del 1963 sembra far da guardia,
da tempo immemorabile, a Palazzo Pomarici e a tutte le case
circostanti.
Al centro del cortile, una lastra di pietra di Apricena, di Francesco Arena
(Torre Santa Susanna, BR, 1978), invita a leggere una parola (Matera)
nei segni-traccia incisi a futura memoria di un luogo trasformato ma
carico di significati e di domande.
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In fondo, sulla sinistra, prima di entrare nell’Ipogeo I, in un piccolo ambiente scavato nel tufo, riposa il nudo coricato di Carlo Mattioli (Modena 1911 - Parma 1994), quasi avesse trovato lo spazio predestinato, e si erge la scultura astratta, con precise ascendenze cubiste, di Guido La Regina (Napoli 1909 - Roma 1995). |
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Scendendo nel piccolo ambiente, in fondo, una ringhiera invita a sostare e a gettare lo sguardo su quella che era una carbonaia: qui, Lucilla Catania (Roma 1954) e Clotilde Ricciardi (Roma 1939) nel 2008, in occasione della IV Giornata del Contemporaneo, utilizzando materiali comunemente in uso nel territorio materano (ferro e tufo), hanno realizzato due sculture (Punzone e Germogli ) che dialogano con lo spazio sottostante rinnovandone l’uso. |
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